Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) sono composti utilizzati principalmente per rendere resistenti ai grassi e all’acqua diversi tipi di materiali come tessuti, tappeti, rivestimenti, ecc. Le principali fonti di assimilazione per la popolazione sono rappresentate dall’assunzione con la dieta (in via diretta attraverso gli alimenti, o in via indiretta attraverso migrazione di queste sostanze dal packaging o dalle stoviglie) e l’acqua potabile. Quello dei PFAS è un allarme non nuovo nel mondo (Mid-Ohio valley negli USA, Dordrecht in Olanda, e Shandong in Cina) ed in Italia nel 2013 uno studio di IRSA-CNR ha riportato la presenza di PFAS nei fiumi Po, Arno, Tevere, con interessamento delle Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana e Lazio. In particolare in alcune zone della Regione Veneto è stato rilevato un importante inquinamento da PFAS, soprattutto nelle falde acquifere delle Province di Vicenza, Padova e Verona. Tali composti sono altamente persistenti nell’ambiente e negli organismi, e in particolare nell’uomo possono trovarsi anche a distanza di molti anni, con conseguenti effetti sulla salute. Recenti studi hanno riportato infatti conseguenze sulla salute pubblica a diversi livelli nelle popolazioni esposte a elevate dosi dei PFAS, riscontrando una maggiore frequenza di malattie a breve e a lungo termine come diabete, ipercolesterolemia, osteoporosi, infertilità, tumori del testicolo, aborti ricorrenti, malattie neurodegenerative, ecc.